E un giorno si cominciò a parlare di “artemisia” per combattere la leishmaniosi causata dalla puntura di piccoli insetti e che colpisce in particolare i cani… Una storia che abbiamo voluto raccontare anche noi. Un chimico umbro, profondo conoscitore di botanica e appassionato di medicina tradizionale, con il suo fitocomposto ha già curato decine di cani fra quelli propri, di amici e conoscenti. I suoi risultati empirici sono da due anni oggetto di uno studio universitario, che sta sperimentando l’azione dell’estratto di quest’erba medicinale cinese sulla leishmaniosi. Sempre in tema di ricerca, in questo caso indirizzata alla piccola selvaggina, una serie di utili interventi ambientali dal costo davvero contenuto, se non addirittura irrisorio, possono evitare azioni talvolta persino controproducenti per la stanziale. E in fatto di azioni, con la perseveranza e la volontà nel tiro a volo, sarà l’agonista a determinare quando e come arriverà a toccare con mano il successo in ambito sportivo. Successo che ha arriso ancora una volta alla grande festa della Struttura Federale Fitav, andata in scena in ottobre al Tav Roma. Si sono ritrovati a gareggiare 284 tiratori – rappresentanti le “varie anime” della Federazione – a passo di sport, buona musica ed amicizia. La stessa piacevole atmosfera che si è potuta respirare durante l’appuntamento con la sesta edizione degli Universal Trench Master Games e Trofeo Masiero sulle pedane dell’impianto Al Vecio Piave. Impianti che si riempiono di tifosi e di belle gesta sportive, come quelle che hanno contrassegnato il Mondiale di Fan32, il X Campionato individuale di tiro con l’arco, il 7° Tricolore 300mt Open di tiro di campagna, il Campionato italiano per Società di field target e, per quanto riguarda il tiro a segno, l’European Champions League.
Sommario
PRIMO PIANO – di Valeria Bellagamba
CACCIA
NEWS – a cura della Redazione
GESTIONE
Soluzioni migliorative per la piccola selvaggina – di Roberto Mazzoni Della Stella
RICERCA
Artemisia, una risorsa contro la leishmaniosi – di Daniele Ubaldi
CULTURA
Giovanni Pascoli: un “nido” e un fucile – di Barbara Biggi e Carlo Romanelli
Toschi: una storia di 3 secoli – di Roberto Aguzzoni
TIRO SPORTIVO
COACHING
Tra grow e action – di Giorgio Fabris
DISCIPLINE
Trap: curiosità storiche e regolamento tecnico – di Riccardo Monzoni
INSERTO FITAV
LINEA DI TIRO – di Luciano Rossi
COMITATI REGIONALI
La parola alle regioni: Marco Bianchi – di Massimiliano Naldoni
La parola alle regioni: Cosimo Moretto – di M.N.
La parola alle regioni: Giuseppe Erra – di M.N.
La parola alle regioni: Arnaldo Sacchetti – di M.N.
Stagione nazionale
Struttura federale, che risultati! – a cura della Redazione
CLASSIFICHE
Universal Trench Master Games n. 6 – di Stefano Terrosi
PREPARAZIONE FISICA
Rendere pratica la teoria – di Fabio Partigiani
INSERTO FIDASC – a cura dell’Ufficio Stampa Fidasc
A CACCIA DI SPORT – di Felice Buglione
TIRO CON L’ARCO
X Campionato italiano individuale
TIRO DI CAMPAGNA
7° Campionato italiano 300mt Open
DISCIPLINE
Mondiale di Fan32
FIELD TARGET
Lo scudetto del field target a squadre torna a Ronchi
PAINTBALL
I Donkey Punch Modena sono campioni d’Italia 3 Men
HUNTER FIELD TARGET
4° Campionato italiano: il podio delle categorie Pcp Open e Pcp Depoi
TIRO A SEGNO
STAGIONE INTERNAZIONALE
L’European Champions League si colora d’azzurro – a cura dell’Ufficio Stampa Uits
Editoriale
La protezione non è un numero
Uno studio condotto dall’Nhm sull’obiettivo che punta a proteggere il 30% del pianeta entro il 2023 mostra che la biodiversità è calata maggiormente nelle aree protette.
Proteggere sì, ma come? In Italia il dibattito sulla via migliore per salvaguardare fauna e ambiente è costantemente aperto. La frase “proteggere la natura” trova tutti d’accordo, ma quando si tratta di applicarla molto spesso ci si scontra con la convinzione che la scelta migliore sia “imbalsamare” una porzione di territorio: non intervenendo, perché “la natura poi ritroverà il suo equilibrio da sola” o, peggio ancora, intervenendo senza tenere conto dell’equilibrio generale dell’ecosistema. Al di là degli interessi specifici e delle convinzioni di parte, ciò che potrebbe mettere d’accordo tutti – ma così purtroppo non è – sarebbe operare secondo logiche scientifiche, basandosi sulla conoscenza delle specie, dei sottili meccanismi che regolano gli ecosistemi, degli innumerevoli studi sul tema. Senza contare che della natura sappiamo molto, ma non tutto, perché tante cose rimangono ancora un mistero e tante altre le abbiamo apprese proprio attraverso i nostri errori. In quest’ottica ci si potrebbe chiedere se “recintare” una porzione di territorio e dichiararla area protetta è sufficiente a salvaguardarne la biodiversità. Un importante contributo a questo dibattito arriva da uno studio condotto dal prestigioso Museo di Storia naturale di Londra (Natural History Museum – Nhm) dal titolo “Towards 30by30: Balancing nature and people” (“Verso il 30×30: bilanciare natura e persone”). Dallo studio è emerso che la perdita di biodiversità sta aumentando più rapidamente all’interno delle principali aree protette che al di fuori di esse. Entrando nel dettaglio dei numeri, all’interno delle aree critiche non protette la biodiversità è diminuita in media di 1,9 punti percentuali tra il 2000 e il 2020, mentre nelle aree protette il dato è di 2,1 punti percentuali.
“L’obiettivo 30×30 (fissato da un accordo intergovernativo per designare il 30% delle terre emerse e delle aree marine mondiali come aree naturali protette entro il 2030 – Nda) ha ricevuto tanta attenzione, come dovrebbe essere, ed è diventato un obiettivo chiave di cui si parla ai colloqui sulla biodiversità delle Nazioni Unite, ma volevamo capire se fosse davvero adatto allo scopo”, ha dichiarato al “The Guardian” il dottor Gareth Thomas, responsabile della ricerca e dell’innovazione presso Nhm.
Secondo gli scienziati che hanno condotto lo studio l’approccio per attuare il 30×30 è stato, finora, quello di rafforzare ed espandere la rete globale di aree protette e conservate, “Tuttavia, – si legge nella pubblicazione dell’Nhm – la nostra analisi mostra che ciò potrebbe non essere sufficiente per far sì che il 30×30 funzioni a favore delle persone e del pianeta”.
Il monito dei ricercatori è molto chiaro, quindi: designare semplicemente più aree come protette non si tradurrà automaticamente in risultati migliori per la biodiversità, perché tutto dipende da come queste aree vengono gestite: “Penso che se lo chiedessi alla maggior parte delle persone, darebbero per scontato che un’area designata come ‘protetta’ farebbe almeno esattamente questo: proteggere la natura. Ma questa ricerca ha dimostrato che non era così”, ha affermato il dottor Thomas.
Dalle analisi degli scienziati emerge che sarebbero a rischio anche i servizi ecosistemici, ovvero quei servizi forniti dalla natura che influiscono direttamente e indirettamente sul benessere umano, tra questi: cibo, energia e materie prime, regolamentazione della qualità dell’acqua e stoccaggio del carbonio. “Oltre sei miliardi di persone dipendono dal 30% del territorio che fornisce i servizi ecosistemici più critici. – ricordano gli studiosi – Attualmente, solo il 22% del territorio che fornisce questi servizi si trova all’interno della rete globale di aree protette. All’interno di questo 22%, l’integrità della biodiversità sta diminuendo più rapidamente di quanto non avvenga al di fuori delle aree protette. Ciò significa che gli attuali sforzi di conservazione non funzionano per sostenere questi servizi ecosistemici critici e rischiamo di perderli”.
Gli autori dello studio hanno individuato alcune cause del fenomeno, sottolineando che le motivazioni potrebbero a volte essere legate al cambiamento climatico, al fatto che queste zone sono state dichiarate protette dopo aver subito un forte degrado o che in alcuni Paesi le politiche di conservazione potrebbero essere inficiate da corruzione, instabilità politica e mancanza di risorse, suggerendo che la valutazione delle cause dovrebbe tener conto delle peculiarità locali. Visto che però anche in Paesi stabili e attenti all’ambiente si è verificato un calo maggiore di biodiversità nelle aree protette, gli scienziati hanno anche evidenziato che una causa del fenomeno potrebbe essere individuata nel fatto che molte aree protette non sono progettate per preservare l’intero ecosistema, ma piuttosto per salvaguardare alcune specie.
Lo studio sottolinea la necessità di andare oltre l’approccio che consiste semplicemente nella designazione del 30% di aree protette entro il 2030, perché il raggiungimento di un numero non si tradurrà automaticamente in risultati migliori per la biodiversità e gli ecosistemi. In particolare, gli scienziati suggeriscono di “porre maggiormente l’accento sulla qualità di tali aree, sulla loro gestione efficace e sul valore che restituiscono alle persone e alla natura”.
Gestione efficace, aree protette che restituiscono valore alle persone e alla natura. Una ricetta semplice, no? Non proprio, ma chissà, a forza di leggere studi come questo forse anche gli “imbalsamatori di natura” alla fine qualche passo indietro, e poi in avanti verso nuovi orizzonti, potrebbero farlo.
Valeria Bellagamba
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